“[Il romanzo N.d.R.] ha una sua morale (Hermann Broch ha detto: la sola morale del romanzo è la conoscenza; un romanzo che non scopra alcuna porzione sino allora sconosciuta dell’esistenza è immorale; perciò: - andare all’anima delle cose e dare il buon esempio sono intenti diversi e inconciliabili); ha un suo specifico rapporto con l’”io” dell’autore (per poter ascoltare la voce segreta, appena percepibile, dell’”anima delle cose”, il romanziere, contrariamente al poeta e al musicista, deve essere in grado di far tacere le grida della propria anima); ha un suo tempo di creazione (la stesura di un romanzo occupa un’intera epoca nella vita dell’autore che, alla fine del lavoro, non è più quello che era all’inizio); si apre al mondo al di là dei confini della sua lingua nazionale (da quando in poesia l’Europa ha aggiunto la rima al ritmo, non è più possibile trapiantare la bellezza di un verso in un altra lingua; mentre si può tradurre fedelmente un’opera in prosa; nel mondo del romanzo non ci sono frontiere di Sato; i grandi romanzieri che si richiamano a Rabelais lo hanno letto quasi tutti in traduzione).”
Milan Kundera